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Piccolo gioiello incastonato tra le basse colline a pochi passi dal mare, reso famoso per la sua tradizione culinaria, quella dei maccheroncini conosciuti in tutto il mondo. Uno studio toponomastico vorrebbe qui la presenza dei Liburni, popolazione di origine croata di commercianti e pirati che avrebbero fondato anche la città di Truentum, che qui avevano eretto Campus Fullonum, un insediamento di tintori di stoffe. Altre ipotesi più verosimili invece lo fanno risalire al nome germanico Follone, probabile primo feudatario del castello o dell'area dove esso sorgeva, fatto sta che la cisterna dell'abbazia è di origine romana e quindi se ne desume un primo insediamento da parte di questi. Probabilmente nei pressi, dove vi sono altri resti come le vicine cisterne, sorgeva una villa e dove oggi si trova San Bartolomeo un tempo forse c'era un tempio pagano, alcuni resti infatti sono conservati nella casa parrocchiale della chiesa.
Le prime notizie storiche risalgono al medioevo e sono legate all'abbazia di San Bartolomeo, probabilmente fondata da famiglie locali. Nel XI secolo questa incamerava beni, crescendo a dismisura e diventando piuttosto influente. Nel secolo successivo due diplomi papali del 1159 e del 1188, la annoverano nel primo caso alle dipendenze dirette di Montecassino, nel secondo al più vicino monastero di San Nicolò a Tordino, nei pressi di Teramo ma sempre legato ai cassinesi. San Bartolomeo rimaneva comunque in qualche modo vicina anche al vescovo di Fermo, se ne elencano gli obblighi che gli doveva in un documento del 1178. Agli inizi del secolo però sia il Papa che l'Imperatore mettono Montecassino ed i complessi monastici ad essa legata, sotto il diretto controllo del papato, decidendo la nomina gli abati. Intanto intorno all'abbazia era cresciuto un centro abitato, che in quegli anni era abbastanza eminente da ricevere il privilegio del libero comune, potendo eleggere così i propri rappresentanti. Presto ricade nelle mire espansionistiche della vicina potente cittadina fermana ed il suo vescovo, che se ne impossessa nel 1221, dopo il domino estense della Marca. Nel 1328 compare insieme a Marano, amministrata dallo stesso vicario vescovile. Interessante la disputa sorta nel 1309 quando la città dalmata di Idra (Zara), che aveva subito delle violenze da parte di campofilonesi, chiese a Fermo di poter giudicare i colpevoli, in seguito, intorno al 1342 Campofilone passa dal vescovo al comune di Fermo e da questo momento seguirà la turbolenta storia della città. Dapprima con la signoria di Mercenario da Monteverde nel 1331 e Gentile da Mogliano iniziata nel 1352, seguita dall'arrivo del cardinale Albornoz pochi anni dopo per riportare all'ordine del papa, insediato in Francia ad Avignone, le turbolente Marche. Seguirà la tirannia di Rinaldo da Monteverde e sul finire secolo ci sarà il dominio di Antonio Aceti. Il '400 inizia con la dominazione di Ludovico Migliorati, durata dal 1407 al 1428, e poco più tardi la marca sarà sottomessa all'inarrestabile avanzata di Francesco Sforza, che venne cacciato da Fermo nel 1445. In quest'anno le truppe napoletane guidate da Giovanni Ventimiglia combattevano contro lo Sforza e dopo aver assediato Civitella del Tronto e la sua rocca piombavano oltre il Tronto e si muovevano verso Fermo assediando e saccheggiando Pedaso, Campofilone, Santa Vittoria e Montelparo. In questo secolo viene ricordato il primo scritto, legato alla cancelleria dell'abbazia di San Bartolomeo dove si parla dei famosi maccheroncini, si ricordano anche le signorie degli Eufreducci, prima di Oliverotto e poi di Ludovico.
Nel XVI secolo il paese viene sottratto a Fermo da papa Pio V, Gregorio XIII in seguito gliela restituisce nel 1576, contemporaneamente si legge negli archivi vaticani che il paese possedeva un piccolo scalo marittimo, sito in contrada Petrù, l'attuale Tre Camini. Poco tempo prima, nel 1537 e per 10 anni, era entrato col fermano in possesso dei Farnese, grazie a papa Paolo III membro di questa famiglia, che realizzò un piccolo stato per i nipoti. La storia del paese è testimone dello scossone portato dall'arrivo dei rivoluzionari francesi che porranno fine agli stati pontifici creando la Repubblica Romana: Campofilone passerà sotto il nuovo Dipartimento del Tronto nel cantone di Ripatransone. Col ritorno di Napoleone in veste di imperatore nel 1808 sarà sempre sotto Ripatransone, la Restaurazione invece porterà il paese nel 1815 sotto Montefiore fino al 1828 quando con Papa Leone XII viene aggregata a Grottammare fino all'Unità d'Italia.
Gradevolmente preservato dalle ingiurie del tempo, si presenta con un giusto equilibrio tra antico e moderno che non ne deturpa l'immagine. La chiesa di San Patrizio, sita poco fuori il centro storico, ha dato origine all'omonimo borgo dove oggi si trova la zona commerciale del paese. Dalla chiesa si attraversa la pineta che precede la moderna Porta Marina che permette l'accesso all'abitato, affiancata da un'abitazione novecentesca di notevole pregio: il tessuto urbano è disposto a ventaglio partendo dall'Abbazia di San Bartolomeo, centro indiscusso religioso e politico per secoli. Unisce la porta al monastero il lungo corso che divide l'abitato collegando tra loro le principali piazze; percorrendolo si incontra il teatro comunale e, nella suggestiva piazza del municipio, si può ammirare la fontana e un bel palazzetto rinascimentale. Continuando si apre la grande facciata del complesso di San Bartolomeo, dietro ad essa si trova l'interessante Orto Abbaziale, dalla terrazza molto gradevole la vista che spazia dalla parte meglio conservata delle mura, fino al mare; a destra dell'edificio sacro si trova un piccolo museo malacologico. Nella zona settentrionale si può attraversare un passaggio coperto fino a raggiungere Porta da Bora e continuare fino a tornare alla porta Marina. Scendendo verso meridione, in direzione della scomparsa Porta da Sole si percorrono le strette vie antiche del paese e si passa sotto un grande ambiente coperto, molto suggestivo. Anche quello di Via Galliano è decisamente caratteristico visto che è eretto seguendo la cinta muraria che si ricollegava alla porta demolita, della quale oggi rimane solo una piccola torretta.
Risalendo ci si imbatte in singolari abitazioni, spesso ben restaurate, ed usciti dal paese si consiglia un bel giro della circonvallazione dove si possono ammirare oltre che le mura anche i minimi resti dell'antica San Patrizio e le balconate che danno una vista di tutto il circondario.

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